SBAGLIARE E’ UMANO

Narra la leggenda di quando gli uomini erano immortali e non ne potevano più di quella condizione senza speranza di farla mai finita. Gli dei ne ebbero pietà regalando loro la morte. E da allora gli uomini poterono morire ed essere felici. In realtà gli uomini non soffrivano tanto per la durata infinita della vita, quanto piuttosto per la noia insopportabile che tutto fosse sempre uguale. Ed era appunto quella eterna perfezione ripetitiva che rendeva intollerabile la loro esistenza. Questa leggenda ci torna utile pensando a che cosa succederebbe se gli uomini non avessero la possibilità di sbagliare. Almeno ogni tanto. Il senso comune ha coniato il termine “sbagliando s’impara” per consolarci degli errori commessi. Ma il più delle volte però, s’impara al massimo a non ripetere quello stesso errore, o almeno non nello stesso identico modo. Ma fortunatamente rimane la possibilità di commetterne altri e forse più gravi. Già, “fortunatamente”! Se così non fosse, ricadremmo sulla stessa noia degli uomini immortali. La nostra vita non è eterna. Ma anche una vita di 70-80-90 anni, sempre perfettamente identica a se stessa e senza mai la minima variazione, sembra una prospettiva desolante. Gli antichi lo avevano già capito quando consideravano intrinseca alla natura umana la facoltà di sbagliare. “Errare humanum est” non è l’indulgente ammissione della fallibilità umana, bensì la realistica, quasi orgogliosa assunzione di tali qualità sul novero delle più utili ed importanti caratteristiche umane e della vita. Già, della vita. Infatti, questa possibilità di sbagliare comincia sin dai livelli più primordiali della vita. Comincia dalla primissima catena di amminoacidi prodotta dal codice genetico. Questo processo quasi perfetto che si ripete miliardi di volte può incappare nell’errore della duplicazione per un misterioso disegno della Natura o inevitabilità statistica o semplicemente per caso. Il risultato finisce di solito nello scarto dell’evoluzione perché meno adatto alla sopravvivenza. A volte invece quella mutazione può risultare più adatta e rappresentare un piccolo passo evolutivo. E, oltre alle forme di vita organica, ciò si verifica anche nella struttura delle organizzazioni sociali, scientifiche e tecnologiche. Ogni tanto un errore può portare alla scoperta di qualcosa di buono o di utile. In fondo “errare” significa “cambiare strada”, ed allora si potrebbe scoprire una strada diversa e migliore della precedente. Se un nostro antenato non avesse commesso la stravaganza di provare a camminare sulle zampe posteriori, forse saremmo ancora sugli alberi insieme alle scimmie. Inoltre sappiamo che la scoperta della penicillina fu dovuta appunto ad un errore. Accettiamo quindi la propensione nostra all’errore: fa parte della nostra natura umana limitata e fallibile, ma è anche un elemento indispensabile al progresso della nostra specie.

POST SCRIPTUM:  gli antichi non usavano i computer, che son venuti parecchi anni dopo anche della conoscenza della genetica. Però noi esseri umani moderni possiamo dire che: errare è umano, ma per combinare un vero casino ci vuole un computer. (R.P.)