Un aspetto di DISFUNZIONE SESSUALE FEMMINILE:
IL DISTURBO DA DESIDERIO SESSUALE IPOATTIVO (DDSI)
(Un approccio psicoterapeutico)
Le indagini epidemiologiche evidenziano che la patologia del desiderio è la più frequente tra le disfunzioni sessuali femminili. E certamente è così, se si considerano le cause ormonali, farmacologiche e quelle relazionali dove il problema è spesso anche dipendente dal partner.
Le DISFUNZIONI SESSUALI FEMMINILI (DSF) comprendono un insieme di disturbi di origine multifattoriale e multidimensionale, ampiamente diffusi nella popolazione femminile (circa il 45% presentano uno dei vari disturbi definiti come DSF).
Secondo vari modelli di classificazione di posso suddividere le DSF in quattro categorie principali:
1) DISTURBO DA DESIDERIO SESSUALE IPOATTIVO (DDSI);
2) DISORDINI DELLA FASE DI ECCITAMENTO;
3) DISORDINI DELLA FASE ORGASMICA;
4) DOLORE SESSUALE (vaginismo, dispareunia, dolore non associato ai rapporti sessuali coitali).
In questo articolo mi limiterò a dare una piccola descrizione diagnostica, etiologica e terapeutica della n. 1: IL DISTURBO DA DESIDERIO SESSUALE IPOATTIVO (DDSI).
Esso viene definito come la “riduzione o assenza del desiderio sessuale e fantasie/pensieri sessuali, associato alla perdita di risposta ai vari stimoli erotici e alla riduzione della motivazione sessuale, in grado di provocare una profonda sensazione di disagio personale e interpersonale”.
Spesso la diagnosi risulta difficoltosa in quanto sempre più la condizione viene espressa e vissuta dalla paziente come un disagio. Ciò è dovuto a vari fattori: etnia, età, stato di salute, livello culturale ed impostazione educativa familiare, principi religiosi, condizioni sociali, vissuto sessuale passato e presente, partner.
CAUSE
1) FATTORI PSICOLOGICI (1)
2) FATTORI BIOLOGICI (2)
3) MENOPAUSA (3)
DIAGNOSI
Si registra dettagliatamente la storia clinica (sviluppo psicosessuale passato; condizione di vita corrente, gestione dei figli e della famiglia, stanchezza fisica, abitudini di vita fisica, dieta, farmaci, uso di sostanze tossiche, attività lavorativa, benessere psicofisico e psicosociale, storia di eventuale pregresso abuso o violenza sessuale); ci si avvale eventualmente di specifici test psicometrici, esami di laboratorio o strumentali; visite specialistiche (es. ginecologiche, endocrinologiche etc.)
TERAPIA
1) TERAPIA MEDICA: essa può essere proposta quando il DDSI è secondario, cioè insorto in un certo momento della vita della donna, e riconosce un particolare evento biologico (per es. la menopausa) e/o è descrittore di un contesto (salute, malattia).
TERAPIE ORMONALI
a) Estrogeni e progestinici
b) Androgeni
c) Tibolone
d) DHEA (deidroepiandrosterone).
MOLECOLE PSICOATTIVE
Numerosi antidepressivi (triciclici, SSRI, SNRI) sono più o meno degli induttori di disfunzioni sessuali femminili sul versante dell’orgasmo e del calo della libido. La riduzione del dosaggio del farmaco minimizza gli effetti collaterali sessuali, ma talvolta è al di sotto della soglia terapeutica. Alcuni sono più compatibili: reboxetina, mirtazapina, bupropione.
ADIUVANTI
FITOCOMPLESSI, adattogeni, omeopatici, nutrizione equilibrata, attività fisica, tecniche di rilassamento muscolare progressivo, training autogeno, biofeedback, etc.
PSICOTERAPIA
Tale approccio è sempre necessario qualora la donna non presentasse un problema secondario, come sopra descritto.
Il DDSI ha un apparente sbocco naturale nell’approccio psicoterapeutico. Ma come ricordato prima non è solo così. Una serie di condizioni mediche (e qui ricordo quello già più volte descritto in precedenti articoli sulla correttezza professionale di ruolo e competenza), lo stato ormonale alterato della menopausa o dalla contraccezione estroprogestinica, la gravidanza e il puerperio sono fattori certi di influenza negativa sul desiderio sessuale, come molte altre situazioni di patologia medica. Il cervello è l’organo deputato alla percezione del piacere, alla sua elaborazione e alla produzione del desiderio, ma è invece il corpo sano l’effettore principale del meccanismo stimolo – risposta. Le malattie hanno sempre un effetto negativo sulle due sfere e alterano il desiderio in una specie di compromesso difensivo rispetto all’esposizione a esperienze sessuali dolorose o non piacevoli. Il desiderio tende a ridursi o a sparire anche come conseguenza di altre disfunzioni sessuali. In senso stretto, quindi, la disfunzione andrebbe intesa come perdita del desiderio in assenza di cause organiche nuove. Sono queste le situazioni nelle quali l’approccio psicoterapeutico è più indicato. Non è infrequente che il DDSI costituisca un equivalente depressivo (depressione mascherata, depressio sine depressione).
QUESITO ALLA LETTRICE:
“Quale è la differenza fra il LEGO (quel gioco in cui i pezzi si incastrano) e un bell’uomo nudo”? (Pensaci prima un po’ sopra… Magari formula delle risposte scritte e poi più in avanti dell’articolo troverai la “risposta scientifica”).
UN CASO CLINICO
Bella donna, sposata, giovane e sana, si presenta triste e avvilita: << non provo nulla>> durante i rapporti intimi. Inizialmente e prima del matrimonio lì non ne aveva fatto un dramma. Ma questa sorta di “anestesia” sessuale e il confronto confidenziale con le amiche, divenne nel tempo un grosso problema: “non so cosa vuol dire quando mi dicono che si divertono poiché io non riesco a provare nessun piacere durante il rapporto”.
Non si sono rilevati dall’anamnesi elementi organici e/o psicopatologici responsabili di frigidità <<secondaria>>. Il ginecologo escluse patologie della sfera genitale.
Tale condizione allora non fece altro che esasperare le tentate soluzioni di risolvere il problema: utilizzo di tecniche poco naturali, tentativi di provocare sensazioni volontarie piacevoli e spontaneamente, intrappolandosi nel paradosso di “essere spontanea”. Questo autoinganno che induce ulteriore disfunzione necessitò di una manovra contraria ( un controinganno) altrettanto paradossale. Si prescrisse la seguente indicazione: “Da qui fino alla prossima visita, dovrà eseguire perfettamente tale prescrizione… so che le sembrerà strano o banale… ma sovrà eseguire esattamente alla lettera quello che le chiederò, senza farmi domande sul perché e sul significato…ok?... Le delucidazioni le saranno date al momento opportuno…Semmai ne dovesse aver bisogno… Quindi, gentile signora, lei andrà a casa e non riferirà nulla di quanto detto qui in psicoterapia a suo marito. Quando capiterà di avere il prossimo rapporto sessuale e poi quelli successivi, lei dovrà assolutamente predisporsi volontariamente e deliberatamente in una condizione di totale anestesia sessuale, cioè non dovrà provare nessun piacere sessuale. Per di più, oltre ad impegnarsi con il corpo e con la mente a non provare alcun piacere, lei dovrà sforzarsi di evitare tutte quelle stimolazioni che potrebbero provocarle una benchè minima risposta fisiologica o emotiva che, seppure di rado, prima avvertiva nei rapporti con suo marito. Quindi dovrà essere algida, così fredda come se fosse una statua di ghiaccio”.
Beh, sintetizzando, dopo lo sblocco “incomprensibile” durante il primo rapporto sessuale, con enorme sorpresa la signora si accorse di avere avute altre e anche piacevoli sensazioni mai provate prima.
In sintesi, questa soluzione “apparentemente magica” sfrutta lo stratagemma terapeutico nota come “Prescrizione del sintomo” che prende origini dalle descrizioni di grandi terapeuti (V. FRANKL; A. ELLIS; G. BATESON e il gruppo di Palo Alto; BANDLER – GRINDER; M.S. PALAZZOLI, C. MADAMES, G. NARDONE; C. DE SILVESTRI), ma soprattutto dal padre dell’ipnosi moderna MILTON ERICKSON. La prescrizione del sintomo funziona perché sospende la tentata soluzione che adotta il paziente per opporsi al sintomo stesso (la persistenza e aggravamento del sintomo derivano proprio dalla spirale autoricorsiva di applicare le tentate soluzioni disfunzionali da parte del paziente). Tale prescrizione comunicata in maniera suggestiva, ipnoticamente senza trance, induce alla rottura del rigido sistema di persistenza del problema. (R.P.)
AH! In merito al quesito di prima: “Qual è la differenza tra il LEGO e un bell’uomo nudo davanti a voi”?
Nel caso che tu non fossi riuscita a darmi una risposta, la scienza sancisce:
“CONTINUA A GIOCARE CON IL LEGO”
Ciao, Ciao
NOTE
(1) FATTORI PSICOLOGICI
Le donne con DDSI presentano nella maggior parte dei casi un basso livello di autostima, una personalità fragile ed emotivamente instabile, mentre una minoranza presenta problematiche relative alla paura di perdere il controllo sia in senso generale sia quello delle reazioni del proprio corpo.
Se i fattori psicologici interpersonali sono buoni, minore sarà il rischio di sviluppare il disagio sessuale.
(2) FATTORI BIOLOGICI
La depressione è strettamente legata ai disturbi sessuali, così pure quando si utilizzano dei farmaci antidepressivi si verificano, come effetto collaterale, la riduzione del desiderio sessuale. I fattori endocrini come gli estrogeni, il testosterone, la prolattina, l’ipotiroidismo, la gravidanza e il puerperio sono altri fattori responsabili del DDSI.
(3) MENOPAUSA
La percentuale più alta di donne che denunciano un disagio sessuale o una disfunzione vera e propria, si colloca nel periodo di età pre – e post – menopausale. La menopausa costituisce un fattore associato al DDSI sia direttamente sia indirettamente, mediante una serie di manifestazioni e disturbi tipici che alterano il benessere fisico e mentale delle donne. Ciò si riflette negativamente sulla risposta sessuale.