Negli ultimi decenni il diavolo sembra esser tornato di moda, come una quotidiana presenza preoccupante, quasi si fosse verificata un’improvvisa irruzione dell’occulto e dell’irrazionale a livello dei mass – media, di un immaginario chiaramente opposto alla mentalità logica e scientifica. I messaggi apocalittici di Paolo VI riguardo al demonio quale ospite sgradito e tentatore con cui possiamo far risalire tutti i mali, non sono casuali né gratuiti. Essi riflettono un allarme, non privo di compiacimenti, che ha molteplici sedi: in USA e in Svizzera pullulano sette e chiese sataniche; l’industria cinematografica si è lanciata in un’abbondante produzione spesso scadente ma di altissimo consumo che soddisfa la morbosità e dipendenza dei bisogni demonologici umani. Queste esigenze nuove, paradossalmente, si vanno sviluppando anche nel mondo laico e forse anche di più di quello religioso, pur attingendone il patrimonio di credenze secolari dalla Chiesa.
Il diavolo è diventato un bisogno: perché? Egli è un garante mitico ed insieme è l’alibi classico delle società instabili e insicure. Si viene a respingere così ogni diversità, fonte di esposizione alla crisi, si determina il bisogno di sigillare l’esperienza cumulata nei millenni ripudiando i contatti e le osmosi con chi opera e pensa diversamente. D’altronde la paura di confrontarsi esprime la rivisitazione e il ripensamento della personale condizione umana.
Una società chiusa, avverte, quindi, l’estraneità come male, come forza disgregratrice, fa del demonio il luogo comune, il topos delle proprie esposizioni imparentandolo a persone, cose, a eventi della storia o di natura che potrebbero spingere l’assetto sociale verso la deriva.
Il Demonio, al di là delle compiacenti esercitazioni teologiche, nella realtà è lo stregone, la strega, la tempesta, il portatore di sfortuna, di epidemie e del turbamento dell’ordine. Se le orde tartare, la lebbra, la peste, il fuoco di Sant’Antonio si sparsero in Europa mietendo migliaia di vittime, la diagnosi fu immancabilmente demoniaca.
Così come l’ebreo, il nomade, lo zingaro sono figli di BELZEBUL, gente come Bixio, Mazzini, Garibaldi sono stati nelle raffigurazioni popolari e nelle predicazioni ecclesiastiche identificati ai Demoni in quanto scuotevano le fondamenta degli antichi sistemi di omeostasi. Ma vi è un’altra faccia del problema demonologico: il tempo attuale. Guerre si sono succedute a guerre. Il nazismo, il fascismo, il comunismo dittatoriale, l’imperialismo, hanno falciato generazioni con morti e messaggi che predicano crisi economiche, demografiche, ecologiche. (leggi KOMETA in un altro articolo già pubblicato precedentemente)
Il Terzo mondo, con la sua immensa miseria non è più immaginato come universi di buoni selvaggi, ma come belve che si avvicinano alle nostre porte, ai nostri confini, alle nostre sicurezze effimere e che ci chiamano alla resa dei conti storico – morali. Resta in fondo l’interrogativo se l’invasione demonologica attuale sia un’occasionale emergenza nella nostra situazione storica o se, invece, si ripete nel presente una fantasmagoria mitica che appartiene ad ogni età e ad ogni cultura. In realtà, ogni cultura, è stata frammentata in due opposti poli di male / bene, e delle proiezioni dio/ epifania del male. Tutti i demoni fungono da incantesimi nel quale si dissolve la concretezza della natura e della storia umana. Nell’attuale sviluppo della demonologia, il pensiero mitico e prelogico, assume, nella dinamica universale, aspetti inquietanti e rischiosi. Saremmo portati a guardare con nostalgia alle epoche nelle quali il demonio si presentava con una sua carta d’identità ben precisa, con tratti visibili e determinati dall’agiografia e iconografia popolare. E invece, tramite autorevoli personaggi, questo “povero diavolo” si insinua serpeggiante e con indeterminatezza sul tessuto sociale e storico. Ne deriva che l’indeterminato ricostruisce i bisogni del potere di vario genere ricorrendo ad emarginazioni e a demonizzazioni di aree umane di pensiero, di comportamenti e di ideologie disturbanti o destabilizzanti. E allora il demonio non è più solo il figlio di un delirio ma diviene anche il veicolo della violenza ideologica e della sottile trama di disgregazione della coscienza civile e della consapevolezza storica del reale, celata abilmente dal mito, cioè la proiezione mitica della falsa coscienza storica.
LA NASCITA DEL DIAVOLO
Sotto la reale consistenza, i diavoli rappresentano un nulla, sono una casella vuota da ricoprire a piacimento, sono immagini proiettate in raffigurazioni visibili e fantastiche che esprimono la conflittualità dell’uomo con le realtà storiche o naturali. L’uomo infatti, avvertendo tale insicurezze come ostili e minacciose si difende creando figure immaginarie e diaboliche. I fatti naturali (le calamità, i terremoti, etc.), la devastazione dei prodotti rurali, la moria degli animali, le invasioni e le violenze barbariche e dei predatori venivano ammesse nelle leggende ascrivendole ad operazioni demoniache.
In sostanza, l’uomo, nella varietà delle sue esperienze avvertite in totale negatività, non vive e si sviluppa nella sua pienezza esistenziale. Egli trasferisce tali conflittualità in duplice modo: o aggredendo gli eventi negativi attraverso la ragione asservendoli al dominio umano, oppure trasferendo l’immagine negativa in una proiezione estrema dandone una spiegazione mitologica e illusoria del male del mondo.
Il diavolo in questa dialettica fra pienezza di essere e fallimenti si colloca come una soluzione alienante che rifiuta la spiegazione razionale dei fatti, divenendo una delle forze che regolano il mondo. Nasce così la figura diabolica, la quale opponendosi ad un dio positivo dà origine al disagio del tempo e della natura. Vi sarebbe una connaturalità del male in noi, come nostro inesorabile destino, che predetermina ereditariamente nel nostro essere, miticamente indicato come “nostro cuore”, la propensione al male. Il diavolo può essere nella natura, nella storia e in noi medesimi come l’emersione dei traumi e delle angosce a cui siamo soggetti. Non a caso la demonologia cristiana individuava il demonio nell’accidia e nella melanconia, come sofferenza del sé che si nega alla vitalità.
Diavolo e Dio combattono nel nostro dramma psicologico e ognuno dovrà opporre sempre l’impulsione buona a quella malvagia, cioè alla celebre opposizione freudiana fra Eros e Thanatos che sono in noi come momenti di godimento dell’esistere e del negare l’esistenza, in forza della subconscia energia di ombre distruttrici che possono emergere. Il demonio può essere rivisitato come presenza dell’istinto negato e represso, come storia dell’essere nascosto nei labirinti delle imposizioni sociali.
IL DIAVOLO NELLA PROSPETTIVA PSICOANALITICA
Ai fini della comprensione del mito diabolico molto interessanti sono le idee provenienti dalla psicoanalisi. Fu proprio S. Freud che avanzava una sua prima interpretazione, rilevando che il diavolo personifica pulsioni inconsce e rimosse e componenti sessuali particolarmente connesse all’erotismo anale nello scritto: Charakter Und Analerotik, 1908 (1).
Per Jones (1912) la storia del diavolo coincide con la storia della paura e dell’angoscia propria degli psichismi personali. La credenza nel diavolo rappresenta particolarmente l’esteriorizzazione dei desideri rimossi dal complesso Edipico infantile: il desiderio di imitare e quello di sfidare il proprio padre, quale espressione dell’ambivalenza affettiva (odio/amore) della relazione con il padre. A monte esiste un’identità originaria di Dio e del diavolo, come due aspetti della stessa realtà miticamente avvertite nelle sue quattro contraddizioni oppositorie:
1) Il bambino prova ammirazione e invidia sessuale sul padre
(la figura sessualizzata e libidica del demonio);
2) Il padre avvertendo tale avversione diviene egli stesso ostile verso il figlio
(il diavolo portatore di pene e distruzioni);
3) Il figlio che copia il padre
(il diavolo che <scimmiotta> Dio);
4) Il figlio che sfida il padre
(il diavolo contro Dio).
La tematica diabolica si esplicita definitivamente nel saggio di Freud del 1922 (2):
“Eine Teufelsneurose im siebzehnten Jahrhundert”
(Una nevrosi demoniaca nel secolo decimosettimo)
NOTE
1) Nel breve saggio “Carattere ed erotismo anale”, Freud (1908) analizzando il piacere della defecazione nella fase anale, osservava che, nelle favole, il diavolo regala ai suoi seguaci tesori che poi si tramutano in sterco: << certamente il diavolo non è altro che la personificazione della vita pulsionale inconscia rimossa>>. Liberata dall’involucro teorico della terminologia anale, il tema corrisponde all’aspetto istintuale, celato e istituzionalmente negato della figura infernale nelle società europee, come espressione dei piaceri carnali rimossi dall’etica e dalla normativa dominanti.
Il diavolo e le sinistre figure demoniache dei miti sono, sul piano psicologico, simboli funzionali, personificazioni degli elementi rimossi e non sublimati della vita istintiva.
2) “UNA NEVROSI DEMONIACA NEL SECOLO DECIMOSETTIMO” (S. Freud 1922)
Freud si era sempre interessato alle credenze e ai comportamenti individuali collegati alle figure del diavolo e delle streghe. Egli si dedicò dunque con particolare interesse allo studio della vicenda narrata in certe antiche carte, riguardanti un pittore del diciassettesimo secolo posseduto dal diavolo e in seguito liberato da tale possessione. Freud esaminò questo caso come se si fosse trattato di un caso attuale di analisi: gli stati di possessione demoniaca corrispondono alle nostre nevrosi, per la spiegazione delle quali noi facciamo ricorso ancora una volta a forze psichiche. I demoni sono desideri cattivi, ripudiati, che derivano da moti pulsionali che sono stati respinti e rimossi.
LA STORIA DEL PITTORE CHRISTOPH HAIZMANN
Il pittore bavarese Christoph Haizmann, il 5/9/1677, era stato portato al santuario di Mariazell perché il 29 agosto precedente, mentre era in chiesa, era stato colto da violente convulsioni, continuate nei giorni successivi. Il parroco di Pottenbrunn lo aveva esaminato per accertare l’eventuale origine diabolica del male e il pittore aveva ammesso che (il motivo del patto) nove anni prima (il numero nove è ben noto dalle fantasie nevrotiche. E’ il numero dei mesi della gravidanza e, sebbene qui siano anni, i sogni ci insegnano che deve essere interpretata come mesi) prima aveva stipulato un patto scritto con il demonio nel quale si impegnava a dargli, alla scadenza dei nove anni, anima e corpo al fine di liberarsi di uno stato depressivo causatogli dalla morte del padre. (Con la morte del padre egli era depresso e incapace di lavorare, se riuscisse a ottenere un sostituto del padre, potrebbe sperare di recuperare ciò che aveva perduto. In cambio dell’anima del pittore il diavolo deve diventare suo padre per nove anni). Si era perciò recato al santuario, sperando che, nell’imminenza del termine di scadenza del patto, la Vergine lo avrebbe liberato dal patto scritto col sangue. Dopo aver trascorso un periodo di penitenza e preghiera a Mariazell, il diavolo apparso in forma di drago alato, gli restituì il patto verso la mezzanotte dell’8 settembre (il giorno della natività di Maria).
I monaci gli avevano dato assistenza con esorcismi e erano stati presenti nella cappella all’apparizione del demonio. Tuttavia la guarigione non fu duratura, perché il pittore, tornato a Vienna era stato colpito da nuovi attacchi: dall’11 ottobre 1677 fino al 13 gennaio del 1678. Era vittima di assenze mentali, di stati convulsivi accompagnati da sensazioni dolorose, di visioni nelle quali gli apparivano i Santi, il Cristo e la Vergine. Convinto che anche queste visioni fossero opera illusoria del demonio e tornato a Mariazell nel maggio 1678, lamentò la nuova infestazione da parte dello spirito maligno, con il quale rivelò (I DUE PATTI) di aver stipulato un altro patto scritto con l’inchiostro, precedente a quello scritto col sangue, del quale aveva già ottenuto la restituzione. Intendeva ora chiedere la risoluzione anche del primo e la ottenne, intermediari gli esorcismi e le preghiere dei monaci. In seguito il pittore era entrato nell’Ordine dei Fratelli della Misericordia, con il nome di Frate Chrysostomus. Freud analizzò la vicenda come storia di una nevrosi e indagò principalmente i motivi che avevano portato il protagonista a stringere il doppio patto. Clinicamente il pittore si trovava in uno stato grave depressivo (melanconia) con inibizione della volontà, dell’iniziativa e angoscia verso il futuro. In tale malinconia, determinante dalla perdita del padre e in questo clima teso e tenebroso, il diavolo gli aveva promesso il suo aiuto “IL DIAVOLO COME IL SOSTITUTO DEL PADRE”.
La forma in cui i due patti erano stati redatti attestava l’impegno soltanto da parte del pittore contraente, poiché probabilmente in essi era tacitamente presunta la prestazione rassicurante del demonio che avrebbe liberato il pittore dalla condizione di prostrazione in cui si trovava. Nel patto scritto con l’inchiostro, il contraente dichiarava: <<Io, Cristoph Haizmann, firmo un patto con questo signore impegnandomi ad essere suo figlio e servo per 9 anni>>. Nel secondo patto, scritto con il sangue, si ripeteva: <<Con questo patto mi dichiaro impegnato a essere figlio e servo di questo Satana e in capo a 9 anni ad appartenergli nel corpo e nell’anima>>. A Freud sembrò significativa, ai fini della sua analisi, la menzione di servitù e figliolanza dichiarate nei due patti. Se lo stato depressivo e l’incapacità a lavorare derivavano dalla perdita del padre, il patto trovava ragione nella speranza di recuperare quanto ha perduto, nel reperimento cioè di un sostituto paterno. Si diparte da qui, come già Jones aveva ipotizzato, la teoria freudiana secondo la quale le figure di Dio e del diavolo rappresentano, in contrapposizione, la figura del padre: << Sappiamo innanzitutto che Dio è un sostituto del padre, ovvero un padre che è stato innalzato….Quanto al demone malvagio, sappiamo che è l’antitesi di Dio, pur essendo, per sua natura, molto affine a Dio… Si arguisce che Dio e il diavolo furono originariamente identici, un’unica figura che in seguito fu scissa in due figure dotate di attributi opposti… E’ questo un esempio della rappresentazione ambivalente, cioè due termini opposti in netto contrasto tra loro. Comunque le contraddizioni specifiche attinenti alla natura originaria di Dio rispecchiano l’ambivalenza che caratterizza il rapporto del singolo con il proprio padre personale. Se il Dio giusto e misericordioso è un sostituto del padre, non c’è da stupirsi che anche l’atteggiamento ostile nei confronti del padre, per cui il figlio lo odia e lo teme e si lamenta di lui, abbia trovato espressione nella creazione di Satana>>.