Se tornassimo a chiamare le cose con il loro nome originario apprezzando la linearità dei concetti, forse eviteremmo il caos e la confusione che oggi regna in qualsiasi campo.
Quando vi è carenza di contenuti chiave e strutturati si produce, di conseguenza, un linguaggio contorto ed enigmatico che serve proprio a mascherare quella povertà ideica. Alcuni neologismi o nuovi appellativi tendono solo furbescamente ed ingannevolmente a far apparire inediti dei concetti vecchi che venivano espressi con altri nomi.
Esempi clinici:
1) Quella che si chiamava “crisi di ansia acuta” oggi si chiama “disturbo di panico”
2) La “psicosi maniaco – depressiva” oggi si è trasformata in “disturbo bipolare”.
Risultato: Scarsa produzione innovativa clinica della Psichiatria, produzione invece dei farmaci costosissimi da parte delle industrie farmaceutiche multinazionali, scarsa attenzione alla psicopatologia e psicoterapia.
E intanto la Psichiatria sta finendo di essere inglobata nelle neuroscienze, lasciando quella parte più genuina che la caratterizza: l’incontro umano. La Psicologia e la Psichiatria degli ultimi tempi conoscono quindi bene tali strategie che applicano, creando solo confusione ed incomprensioni. In questi 40 anni invece non c’è nulla di nuovo eccezione fatta per il cambiamento dell’assistenza ai pazienti, dopo la chiusura dei manicomi, grazie allo Psichiatra Basaglia tanto dimenticato dai nostri Universitari. E anche qui dimostriamo che siamo capaci di dare lezioni senza scopiazzare da gente che di cultura umanistica è anni luce lontano da noi e che avrebbe tutto da imparare da noi.
G. I. R. P.